Dal brano del mio racconto “Radici di mandorle”, 17 novembre 2012:

“E cerchi di spiegarle che Venezia è molto altro. Sì c’è il Carnevale e le gondole e il vestito giallo canarino di Brad Pitt alla Biennale ma anche la storia, Peggy Guggenheim e le sarde in saor. Luisa non ti ascolta davvero, annuisce distratta mentre osserva con sguardo attento i prezzi delle maschere colorate.

E il ghetto ebraico? Dovreste almeno camminare fra quelle calli silenziose e osservare il tramonto dal lungomare di S.Alvise. Luisa ti sorride compiacente.

– Aspetta cinque minuti -, ed è entrata dentro un negozietto cinese.

Tu infossi un po’ le spalle stringendoti  la borsa a tracolla contro il petto, gli occhi fissi sui turisti che affollano la calle, i loro sorrisi, le loro reflex e i gelati che colano lungo le dita appiccicose dei bambini.  Questo flusso, queste mani rapaci che sfiorano le mura delle abitazioni, che toccano, sporcano, consumano.

Ma in fondo cosa t’interessa? Tu non sei nemmeno veneziana. E i commenti poco velati dei tuoi ex-compagni di classe te lo hanno ricordato ogni giorno.

Tu sei pugliese. Non sei nata per respirare la nebbia.

Tu sei radici di mandorle.”
 

 

Quando viaggi, quando ti trasferisci in un’altra città, scopri un ulteriore pezzettino di te stesso non è vero? Lo senti il brivido quando scendi dal treno in una nuova stazione o quando percorri strade sconosciute? Quando assapori per la prima volta una pietanza nuova, che si amalgama in bocca in un tripudio di sapori che il tuo cervello non può riconoscere? Quando i tuoi occhi osservano luci, paesaggi che non possono essere ricondotti alla tua realtà quotidiana? Quando non hai le parole per esprimerti, perchè non è l’italiano ad essere parlato in quel Paese?

Lo senti quel brivido?

Io sono Radici di Mandorle, ma lo sei anche tu. E forse non sei pugliese ma non importa. Io ti voglio raccontare la mia storia. E forse è anche un po’ la tua.

 

Benvenuto.